Il planimetro polare.
Introdotto nel 1858 dallo svizzero Jakob Amsler-Laffon, il planimetro polare è più preciso ed affidabile dei precedenti planimetri ortogonali. Lo strumento consiste in un braccio snodato con
un'estremità che, nella sua forma base, rimane appoggiata in posizione
fissa sul foglio (polo) mentre l'altra estremità, avente una punta (non
pungente, chiamata calcatoio o segnatoio), viene utilizzata
dall'operatore per seguire tutto il contorno dell'area da misurare.
Negli strumenti più recenti il calcatoio è sostituito da un puntatore
munito di lente d'ingrandimento. Il movimento del braccio fa girare una
rotella che appoggia sul piano di lavoro. Questa, a sua volta, aziona un
indicatore (piccolo cilindro graduato) la cui lettura dà un numero
proporzionale all'area misurata. Negli strumenti più precisi, la rotella
appoggia su un disco che viene fatto ruotare dal movimento del braccio.
In tal modo si ha un attrito più controllato (indipendente dal tipo di
carta su cui è disegnata la figura) e il movimento della rotella viene
amplificato.
Schema di funzionamento del planimetro polare |
Per la misurazione di aree più grandi, in particolare l'area sottostante al grafico di una curva, sono stati prodotti planimetri in grado di scorrere lungo una guida o montati su un carrello.
Esistevano anche planimetri per misurazioni molto particolari, ad es. aree sulla superficie di una sfera o la radice quadrata del raggio medio di una figura irregolare. Importanti anche i planimetri per il calcolo dei momenti d'inerzia o statici.
Un esempio
di planimetro è conservato nel Museo
degli Strumenti dell’Istituto Geografico Militare di Firenze.
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